“Il fascino sostenibile della leggerezza” di Alberto Bazzurro da “all about jazz”
Parafrasando in un sol colpo Buñuel e Kundera, eccoci qui a parlare di leggerezza—più o meno fascinosamente (in)discreta o (in)sostenibile che sia—entro le maglie della (nuova?) canzone d’autore italiana. È un concetto che avevamo in qualche modo già adombrato in un precedente intervento in cui ipotizzavamo il fiorire di una canzone ribattezzata per l’occasione (ovviamente non senza un pizzico di impertinenza e civetteria) post-d’autore. Ora una serie di recenti uscite, sempre ascrivibili ad artisti per lo più fuori dai massimi sistemi cantautoriali (nonché il titolo stesso di una di esse), ci induce a mettere più specificatamente il dito nella piaga. Ammesso che di piaga si tratti (se è per questo nemmeno il dito era tale, come ci rendeva maliziosamente edotti un celebre sketch di Flavio Oreglio).
La leggerezza, per la società contemporanea, rappresenta come tutti sappiamo un’attrazione fatale e irrinunciabile. Un po’ a tutti i livelli, anche se per fortuna non proprio per tutti, presi come individui. La canzone d’autore—meglio se ancora in attesa di consacrazione, anzi presumibilmente proprio nella di lei ricerca—non fa eccezione. Ecco perché, qui e oggi, ci domandiamo se si tratti di un’attrazione veramente (in)sostenibile. Qualcuno ci riesce, a sostenerla (cioè a tenerla a equa distanza), ma i più cadono nella rete. Magari affidando testi non banali, arguti, talora persino corrosivi, alle malie (o presunte tali) di una mise complessiva (musiche, sonorità, durata, arrangiamenti) accogliente (a volte anche ammiccante), lineare, priva di asperità o curve a gomito.
Prendiamo uno che proprio di primo pelo non è, Giorgio Cordini: quasi sessantacinque anni, una vita a suonare la chitarra nei gruppi di Fabrizio De André, eccolo oggi calarsi nei panni del cantautore (in comproprietà, visto che i testi si devono a Luisa Moleri e altri). È uscito infatti più o meno in coincidenza col 25 aprile (settantesimo, com’è noto) Piccolo storie (fingerpicking.net), un album che parla di guerra, resistenza, di tutto un mondo comunque inequivocabilmente trascorso (anche come profumi), però lo fa—e insieme con Cordini lo fanno varie altre voci ospiti, fra cui Max Manfredi e Claudio Lolli—con tratto lieve, leggibile, melodie generalmente aperte, ritmi lineari e perfettamente percettibili. Un certo substrato che rimanda al citato De André affiora qua e là (ci sono del resto, nel gruppo, anche Ellade Bandini e Mario Arcari), insieme con altri ascolti-parentele (i Nomadi, per esempio, per una certa enunciatività, ma anche realtà più recenti, tipo Yo Yo Mundi).
Lavoro apprezzabilissimo, Piccole storie (fra i cui vertici segnaliamo “Angelina” di Mario Mantovani, prematuramente scomparso ormai diversi anni fa) non resiste quindi al richiamo della leggerezza, ma lo fa con garbo, senza particolari ammiccamenti.