Un bell’articolo di Ugo Bacci sull’Eco di Bergamo
L’INTERVISTA GIORGIO CORDINI. Chitarrista di De André, da poco
si è trasferito a Schilpario. E sabato in concerto al cineteatro Prealpi
«ADDIO CITTÀ, MEGLIO LA VALLE DI SCALVE»
Ugo Bacci
Lo spettacolo s’intitola «Un mondo a più voci»: le canzoni sono di Fabrizio De André, Fossati, Guccini, Conte. Il concerto che propongono Giorgio Cordini, Ellade Bandini e Mario Arcari sabato sera al cineteatro Prealpi di Schilpario (inizio ore 20:45 ingresso libero) è prima di tutto il saluto del valente chitarrista alla nuova terra adottiva. Cordini, veneziano doc, trapiantato da anni nel Bresciano, da pochi mesi si è stabilito in Val di Scalve, e proprio a Schilpario ha deciso di registrare dal vivo un album strumentale con gli amici di sempre. Chitarrista e cantante, Giorgio ha collaborato a lungo con l’amico Faber; Arcari, polistrumentista, ha suonato spesso con Fossati, dal vivo e in studio di registrazione. Ellade Bandini è stato per anni il batterista di Francesco Guccini. Tutti e tre fanno parte del gruppo «Mille anni ancora», impegnato a rileggere le più importanti pagine di De André, a partire da «Storia di un impiegato». Il trio in qualche modo è un’emanazione di quel combo, anche se qui il materiale musicale è diverso, più vario. Il progetto «Un mondo a più voci» è senza voce, senza cantato, pensato per mettere in primo piano il suono degli strumenti.
«Sono un veneziano del 1950 e ho vissuto a Venezia sino a 17 anni. Ho fatto le scuole là, ma i miei in realtà erano bresciani. Si erano trasferiti nella città lagunare per lavoro e là hanno abitato per vent’anni. Son rientrato a Brescia con loro giusto in tempo per gli esami di maturità. E alla fine son rimasto in zona: Rezzato, Provaglio di Iseo. Mi sono un po’ allontanato dal centro, alla ricerca di un rapporto con la natura che alla fine ho finalmente trovato qui, in Val di Scalve».
È il richiamo della natura che ha motivato la scelta?
«Certo, la motivazione del trasferimento è sostanzialmente questa. Io e mia moglie volevamo lasciarci alle spalle il chiasso dei centri storici, della città. Conoscevo la zona, da 23 o 24 anni. Ero venuto a suonare a Colere con Massimo Bubola e mi ero innamorato della valle. Del resto mia suocera era originaria di qui. Prima ci siam presi un piccolo appartamento per venirci ogni tanto, ora abbiamo fatto il passo e ci siamo strutturati una casa grande e confortevole. Ormai ho tanti amici qui. Non sono ancora abituato alle temperature sotto zero già a novembre, ma mi abituerò. Siamo in mezzo al verde, a due passi dal bosco, possiamo accarezzare gli animali che prima guardavamo sul monitor del pc».
Per un musicista che suona e gira tanto, Schilpario non è un po’ scomodo?
«Neppure tanto, si tratta di mettere in conto un’oretta in più negli spostamenti. Sono aumentati i chilometri, ma non ne faccio un dramma. La via Mala si fa in 25 minuti».
Il progetto «Un mondo a più voci» viene da lontano, ora però diventa un disco.
«In questi ultimi anni abbiamo spesso lavorato al progetto, abbiamo anche cantato le canzoni. Io ci mettevo la voce perché Ellade e Mario non hanno mai cantato. Dal vivo ci sta, su disco avevamo timore che sembrasse una scimmiottatura. E allora abbiamo deciso di far sentire la voce dei nostri strumenti. Ci sono canzoni che vengono ricordate solo per il testo, ma hanno melodie altrettanto belle. Cercheremo di valorizzare proprio quelle. Non intendiamo fare un tributo di tipo jazzistico, anche se i miei compagni di viaggio sarebbero ben in grado di farlo. Io non mi sono mai addentrato in quel territorio, non sono portato all’improvvisazione jazz. Nel rock e nel blues l’improvvisazione è un’altra cosa. Faremo un disco rispettoso delle melodie delle canzoni»